Il bisogno di chi reclama, misura la necessità; la sua indignazione la trasforma in diritto. «Se un'anima gretta e spietata,» dice Pufendorf, «non è accessibile alla generosità, se «l'inumanità del ricco non si lascia toccare da veruna preghiera, bisognerà dunque che il povero muoia di fame? Al contrario, dacchè il ricco non ha voluto esercitare volontariamente i doveri dell'umanità, è giusto che perda in pari tempo il diritto di possedere e quello di pretendere alcuna gratitudine.» Non credo che si possa domandare la carità colle armi alla mano, la moralità non s'impone colla forza; ma è certo, che la libertà lesa può combattere una libertà che diventa ingiuriosa e micidiale.
I popoli hanno proclamato, come i filosofi, il diritto di limitare la proprietà colla comunanza nella misura della necessità. L'abolizione dei debiti nelle società antiche era l'insurrezione della comunanza contro la proprietà era il ritorno momentaneo dell'eguaglianza per salvare la vita dai proletari. Il giubileo degli ebrei, che reintegrava i proprietari nelle loro terre ad ogni mezzo secolo, era anch'esso un intervento periodico della comunanza nella proprietà. Più rigida, la legge di Licurgo aveva anticipatamente stabilita la proporzione della proprietà e dalla comunanza: le divisioni erano eguali, e per mantenerle eguali abolivasi il commercio, l'industria, la ricchezza, lo stesso numerario. Anche il dominio eminente è il dominio della comunanza che sovrasta a tutte le proprietà, dispone di tutti i beni nella misura predeterminata dalla legge; ed il capo dello Stato, giudice di tutte le necessità politiche, limita la libertà del proprietario a profitto della grande comunanza dello Stato.
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