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      A che la guerra e la sommossa, se il popolo deve rimanere nella comunanza della miseria, il ricco nella comunanza de' piaceri; se il popolo deve vivere nella fatica, nella nudità, nel dolore, mentre gli eredi de' patrizi e de' feudatari devono stare nell'ozio, nel fasto; nella voluttà?
      La proprietà, non sarà mai abolita, la comunanza non sarà mai attuata; la logica non combinerà mai la proprietà colla comunanza; una filosofia della contraddizione che sperasse una sintesi dei due contrari trasporterebbe le nostre speranze nell'impossibile. Ma la proprietà e la comunanza, combinate dalla rivelazione, danno l'invincibile ideale di una legge agraria universale, ci costringono a sperare una costituzione dell'umanità coll'eguaglianza delle proprietà e trasportano nell'avvenire quel contratto del genere umano imaginato da Grozio e da Pufendorf, nelle prime origini della società. Se numerosi sono i nemici del genere umano, se numerosi sono gli ostacoli che incontra il progresso: quando osserviamo la lega dei potenti che negano al povero la sua parte di terra, quando vediamo la lega della forza e l'ignoranza nella quale il ricco di Parigi, l'ateo della Sorbona stanno col pontefice di Roma e colla barbarie russa, allora sentiamo che l'ispirazione giuridica oltrepassa di troppo l'ordinamento attuale della proprietà, perchè non lo atterri con una scossa proporzionata alla perversità che ne profitta e alla crudeltà che lo difende.
      L'apologia che Aristotele scrisse della proprietà è veridica, e oltrepassò la sua stessa previsione.


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Filosofia della rivoluzione
di Giuseppe Ferrari
1851 pagine 693

   





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