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      La libertà è l'eguaglianza sono le due leggi del contratto. La libertà lo governa, perchè il contratto non può cadere se non sulla proprietà, sull'accessione della persona, sul valore reale, identificato colla nostra libertà. Anche l'eguaglianza lo governa, perchè nel contratto facciamo valere la libertà giuridica quale si trova attuata; nel contratto siamo tutti eguali in potenza e in atto, formalmente e materialmente. Quindi il contratto determina i più certi diritti nel contratto la correlazione della proprietà e dell'eguaglianza si trova formalmente avverata. Il fatto solo della promessa accettata suppone la misura della libertà e dell'eguaglianza Però, col rendere inviolabile lo scambio dei valori, il contratto riesce ad una logica contraddizione. Si può far mercato di tutto: i beni, i viveri, i lavori, i servigi personali, la persona stessa, dal pensiero fino all'ultimo dei gesti, tutte le cose possono essere vendute o comprate. L'attore sulle scene è meno libero dello schiavo. Ogni pubblico officiale non è poi un attore? non ha egli l'obbligo di un contegno che deve dominare ogni suo atto? Ora nello scambio noi siamo sempre soggetti all'errore, abbandonati al caso. La nostra libertà rimane sempre inviolabile, ma noi possiamo perdere tutta la nostra proprietà; la nostra persona rimane sempre libera, ma nel commercio della vita possiamo perdere la libertà di ogni nostra azione; la nostra libertà giuridica è sempre sacra, ma alienando il nostro lavoro, possiamo toglierci persino la libertà negativa del riposo.


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Filosofia della rivoluzione
di Giuseppe Ferrari
1851 pagine 693