O combattete la proprietà, o rispettate la rendita. Tale è l'antinomia della rendita; contraddizione critica senza soluzione, essendo, da una parte, incontestabile il diritto di proprietà ne' suoi limiti, dall'altra, incontestabile l'iniquità dell'ozio che affama l'industria.
La rivelazione del diritto e dell'interesse si sottrae al dilemma: in faccia al ricco la questione deve essere sciolta con ragioni reali e positive. Abbiamo riconosciuta la proprietà nei limiti della necessità, dominata dalla comunanza che la rende morale; e sottoposta all'ideale della legge agraria: riconosciamo quindi il mutuo e l'affitto egualmente sottoposti al diritto di necessità e al progresso della legge agraria.
Il male non sta nell'interesse del denaro; e nell'affitto delle terre e delle case; ma nel vivere di rendita, nel vivere d'ozio e di frivolezza. L'interesse, l'affitto sono scambii di servigi, di cose, di valori; sono premii vicendevoli che non suppongono una ineguaglianza, anzi ci presuppongono giuridicamente eguali; chi prende una casa in affitto può esser ricco, e avere altre case che affitta alla volta sua; chi coltiva il campo altrui mediante annuo tributo, può esser proprietario di altri campi; chi mutua l'altrui denaro, può dare in mutuo il proprio. Nel commercio, la catena dei servigi e degli sconti è indefinita; reciproca, continua, nè si potrebbe rompere senza annientare il commercio stesso. Ogni uomo che mi chiede un prestito rimunerandomi, mi priva di un vantaggio, e si ripromette un vantaggio; mi toglie un bene, e si ripromette un bene: vi deve essere compenso.
| |
|