La rivoluzione rimase d'un tratto spogliata e fermata; il popolo si ritrasse dall'arena; intese che era frodato, lo intese confusamente, non fu metafisico, nè scienziato; ma nel 1814 desertò i venturieri della rivoluzione, lasciò cadere nel fango la commedia napoleonica; il regno d'Italia e quello di Murat, parodia dell'antica eredità feudale svanirono qual sogno.
Nel medio-evo l'eredità aveva un titolo che la giustificava: vitalizio nella sua origine, il feudo accordava una rendita, alla condizione di difendere la società; subordinava il diritto al dovere, l'individuo alla comunanza; il feudo era sociale, non poteva essere distratto dalla sua destinazione sociale. In oggi le grandi fortune ereditarie sono abusi senza titolo, vere usurpazioni. Invano l'economia politica si studia di difenderle: la difesa è un vergognoso cavillo. Si asserisce che proteggono l'industria e le arti; si afferma che se il ricco ritoglie i suoi capitali dal commercio e le sue commissioni date al fabbricante, il povero manca di pane. È vero. Il povero deve vivere raffinando i piaceri del ricco, rendere felici i più felici, esser dotato d'ingegno, d'imaginazione inesausta per inventare trastulli sempre nuovi, sollazzi sempre variati. Guai se non rinnova le foggie, gli ornamenti, le frivolezze; guai se il ricco disdegna la moda, guai se non vive circondato di staffieri o di cortigiane; il povero muore di fame. Se un giorno tutti i ricchi d'Europa si decidessero a vivere come Socrate o Diogene, se volessero seguire l'evangelio, se per ipotesi il Dio che i ricchi adorano o che piuttosto fanno adorare, toccasse i cuori di tutti gli epuloni, di tutti gli oziosi, di tutte le prostitute; se di un tratto i già elettori eleggibili di Francia, i lord d'Inghilterra, i conti, i marchesi, i baroni d'Italia, di Germania, di Spagna divenissero morali e onesti, la metà delle fabbriche di Europa sarebbe immediatamente chiusa, l'industria sarebbe scompigliata; a capo di quindici giorni, il tempo necessario per morir di fame, più milioni di uomini pagherebbero colla vita loro la virtù de' signori.
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