Non accusiamo il cuore di Grozio; il gran giurisconsulto ci voleva liberi, voleva costituire un diritto senza l'intervento di Dio: questa era la sua grandezza; ma le sue astrazioni si rivoltavano contro le sue intenzioni; la sua sovranità, sorgendo dalla tesi della servitù, proteggeva il despotismo; il suo diritto difendeva l'antico diritto, il suo progresso vietava ogni progresso. La sovranità metafisica che costituiva, rendeva impossibile ogni società d'uomini liberi e sopprimeva quella verità e quella giustizia che Grozio proclamava, fatta astrazione da Dio.
Hobbes si aprì una nuova via. Nel contratto havvi uno scambio di valori, uno scambio di diritti: Hobbes spiegò il contratto sociale col solo scambio de' valori. In sua sentenza, nello stato di natura l'uomo è nemico dell'uomo, havvi la guerra di tutti contro tutti. La società è necessaria per toglierci all'infelicità della guerra; la sovranità è necessaria per fissare la società; il diritto assoluto della sovranità è necessario per comprimere le ribellioni istintive che minacciano di continuo il ritorno dello stato di natura nel seno della società. Dunque la necessità fonda la sovranità. Tale è il principio di Hobbes. Ma due parole di giustizia e di ingiustizia non hanno senso presso Hobbes: egli analizza solamente gli interessi, fa astrazione dal diritto; per lui il contratto sociale riducesi ad uno scambio puro e semplice; nello scambio l'uomo concede la sua persona, i suoi beni, la sua famiglia; d'altra parte, il sovrano toglie l'uomo al caos dello stato di natura, lo crea una seconda volta, lo fa cittadino, assicurandogli la sua persona, i suoi beni, la sua famiglia.
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