Quanto alla guerra ingiusta, essa č un delitto; le sue vittorie, lungi dal concederle diritti, meritano punizione.
Il diritto della guerra č adunque semplicissimo; pure la logica, signoreggiando queste nozioni sģ semplici, le ritorce contro il diritto stesso. Quando la guerra scoppia, le due parti possono egualmente credersi fondate sul diritto; questo č il caso pił ordinario. I cattolici e i protestanti, i regii e i repubblicani credono di combattere egualmente per la causa della veritą e della giustizia. Chi giudicherą adunque i problemi della guerra e della pace? La guerra? Sarebbe un sottoporre la giustizia alla forza. La ragione? Ci condurrebbe alla contraddizione dei diritti, essendo contraddittorie le opinioni delle due parti. Questo dilemma si traduce nel dilemma dei criteri: se io sono solo giudice del mio diritto, alla sua volta il mio nemico ha il diritto di giudicare sč stesso; la contraddizione č manifesta; se non sono giudice di me stesso, la vittoria sarą giudice; e sarą forse l'ingiustizia che condannerą la giustizia. Irreconciliabile per sč, l'antinomia si scioglie, come tutte le antinomie, sotto l'impero della doppia rivelazione. Gli elementi della giustizia sono l'interesse e il sentimento giuridico. L'interesse dipende dalle nostre idee, non č mai arbitrario; noi cerchiamo il bene lą dove ci vien mostrato dai dogmi che professiamo. Se i dogmi possono essere falsi, se a termini della logica, tutto č possibile, tutto impossibile, l'antitesi del possibile e dell'impossibile scompare dinanzi ai dati positivi e reali che determinano il nostro pensiero.
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