Fu detto che la religione è figlia dell'ignoranza; il detto è falso, se non si soggiunge qual'è l'ignoranza che crea gli Dei. Se parlasi dell'ignoranza in generale, tutti gli uomini saranno sempre religiosi, perchè siamo tutti ignoranti; le nostre cognizioni si ristringono a un frammento della rivelazione naturale. Se dicensi che per difetto di solide cognizioni l'uomo s'inganna, e attribuisce l'origine dei fenomeni a cause vive ed imaginarie, confondesi la religione con tutti gli errori possibili. L'ignoranza che crea la religione è quella dell'uomo che conosce la parte positiva dei fenomeni senza sospettarne la parte critica. In forza di quest'ignoranza egli pensa che giungerà a conoscere ogni cosa in un modo istorico, e che tutte le sue cognizioni dovranno concatenarsi come le avventure di un poema. L'analogia lo guida; coll'analogia il pensiero oltrepassa il noto e lo trasporta nell'ignoto; coll'analogia egli divien regola dell'universo; e prolunga indefinitamente il regno della vita al di là di tutti i limiti, supponendo che la vita basti sempre alla vita, che il fatto spieghi sempre il fatto, senza che mai l'apparenza stessa possa diventare un problema.
Finchè s'ignora la critica, il diritto della religione è assoluto; tutte le scienze de' nostri fisici non possono distruggerlo. Queste scienze sono isolate invenzioni, sparsi frammenti di scienza; esse non chiariscono la parte critica dei fenomeni; per sè non distruggono la persuasione, che rimanendo nei fatti positivi, si giunga alla scoperta d'un mondo il quale si pieghi col dato della vita.
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