Pure il suo Dio si rivela; e nel momento della rivelazione è un idolo; egli parla ad Adamo colle passioni di un uomo, lo punisce coll'odio di un demonio; egli dirige da despota il popolo eletto, governa la chiesa da re. Il Dio cristiano è una persona infinita, degrada la natura all'infinito: il paradiso e l'inferno riducono la terra a un accidente, la vita ad un sogno: la vita s'interverte, e il cristiano trasporta nella morte l'intero suo destino. Un Dio, pura intelligenza, rivelandosi, combatte tutti gli istinti.
La Bibbia è avara di miracoli; il cristianesimo non imita le religioni dell'Oriente, non isconvolge la natura coi prodigi; si direbbe che prevede, che teme lo sguardo delle scienze positive. Cristo non discende sulla terra per combattere contro le catastrofi cosmiche; il gran prodigio della redenzione, si compie nel mondo degli spiriti; le sue conseguenze rimangono circoscritte nella sfera della moralità e dell'ispirazione. Quando si dimandano prodigj a Cristo, egli si sdegna, vuoi fede, dispensa la grazia, non il miracolo. Pure il Dio rivelato è una persona, deve lasciarsi piegare dall'orazione; interessarsi all'uomo, lottare contro la natura, deve accordare i miracoli che reclama il principio stesso di una rivelazione soprannaturale. Di là tutti i miracoli della Bibbia, i mille miracoli del vangelo, le leggende dei santi, in cui si accordano le prove disprezzate dalla fede, i piaceri vilipesi dall'ascetismo. Benchè ristretto a dispensare i prodigi della grazia, Cristo li unisce all'incanto dei sacramenti; la sua redenzione si ferma là dove più non s'intende la vibrazione meccanica della sua parola.
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