Ammiriamo noi Abramo più che Socrate? Davide più che Lutero? Ci crediamo noi gli schiavi degli idoli, qualunque sia la loro natura? Ci sentiamo noi degradati nascendo? Noi ci sentiamo liberi, ragionevoli, signori naturali del mondo; noi abbiam fede nella natura, e questo è il sentimento della nuova vita. Il mondo moderno sorge da questo principio. Paragoniamo Epicuro e Bacone: entrambi sembrano discepoli di una stessa scuola; l'uno rappresenta l'esperienza presso gli antichi, l'altro loro rappresentante presso i moderni; entrambi hanno lo sguardo vòlto verso la natura; entrambi non isperano se non quanto può essere dato dalla natura. Sono essi animati dalla stessa fede? Epicuro diffida, non si crede sicuro in un mondo creato dalla cieca divinità del caso; paventa la fortuna: egli fugge la folla, cerca la solitudine, limita i suoi piaceri; si direbbe ch'egli vuole annichilarsi per cercare la felicità: la sua fisica non tende ad altro, che a liberarlo dal timore degli Dei; e quando siffatto scopo è raggiunto, egli si addormenta nella pace del nulla. Nella vita Epicuro cerca la solitudine per togliersi al caso degli atomi, nella morte la cerca ancora per togliersi al caso degli Dei. Veggasi Bacone: egli si ferma nella materia, ma la scorge animata e ragionevole, la studia per chiederle i prodigi dell'arte; il suo metodo naturale promette i doni dello spirito santo a tutti gli uomini; la sua scienza, restringendosi alla terra, vi crea un nuovo mondo, il paradiso dell'umanità. Quindi l'utopia di Bacone che si propaga ed ingrandisce, la nuova vita scintillante nell'occhio de' suoi discepoli, quindi le invenzioni e le scoperte traboccano per tramutare la terra La distanza che separa Epicuro da Bacone, separa il mondo antico dal mondo moderno, e si ripete ogniqualvolta paragoniamo i filosofi della nostra era cogli uomini dell'antichità.
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