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      La casta e l'individuo supponevano la moltitudine eternamente incapace di governarsi, eternamente confidava alla tutela dei legislatori. D'indi le funzioni distribuite, fissate; ogni industria confidata ad una tribł; le magistrature confinate nella casta privilegiata, dove la famiglia, l'ereditą, l'educazione continuavano e perpetuavano il secreto della redenzione eccezionale. Quando la casta si scioglie, la riabilitazione rimane un privilegio individuale: essa s'inviluppa nelle tenebre dei sacri misteri; Pitagora esige dall'iniziato un silenzio di cinque anni; dappertutto la veritą prende il velo dell'allegoria; essa č un secreto che non devesi comunicare al profano, al popolo. Nessuno crede alla forza dei principj. Platone traccia il disegno di una repubblica, e dichiara anticipatamente che il volgo non lo intenderą; non ispera che il suo concetto possa attuarsi; il disegno stesso della repubblica suppone che il popolo non sappia mai governarsi. Se Platone spera, spera in favore della casta cui affida la sua repubblica; se attende l'attuazione del suo disegno non l'attende se non da un tiranno, che il caso renderą filosofo. Stabilita la repubblica, Platone non spera di vederla durare, malgrado l'esperimento della felicitą. Egli ci dice in qual modo la sua repubblica si corromperą, prima di dirci come nascerą. Platone, Aristotele, gli stoici, tutti gli uomini dell'antichitą disprezzavano talmente il volgo, disperavano della veritą a tal punto, che accordavano al savio il diritto di mentire, di imaginar religioni, d'inventar favole, d'imporle colla forza: diritto, d'altronde, supposto dalla distinzione che separa l'insegnamento esoterico dall'insegnamento exoterico, per cui gli antichi disprezzavano in privato quella religione che rispettavano in pubblico, non credendo possibile di vincerla.


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Filosofia della rivoluzione
di Giuseppe Ferrari
1851 pagine 693

   





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