Il cristianesimo non impegnavasi d'altronde in alcuna tesi, in alcuna antitesi. Ne sia testimonio la somma ignoranza, l'estrema inferiorità de' Padri, ove si paragonino come metafisici agli antichi maestri: i Padri erano ottimi fondatori di religioni precisamente perchè poco iniziati nelle teorie filosofiche. Non affidavano la salvezza nè al verbo, nè ad alcun sistema in particolare, ma prendevano all'ingrosso il rivelato, e non mai il pensato, il supposto, il dedotto, quanto apparteneva all'impossibile. Il cristianesimo non crede al verbo nè come Platone, nè come Plotino, non crede alla libertà come questa o quella scuola, non accetta la virtù come Zenone o come Diogene: il cristianesimo scorre sulla rivelazione naturale, vitale e morale del genere umano; la travolge ove faceva d'uopo, nel soprannaturale, e il soprannaturale continua a scorrere sulla base della rivelazione naturale. Se le diverse sette del cristianesimo vengono alle prese, senza dubbio il metafisico sarà servo del teologo, l'amico dell'impossibile gioverà all'amico del miracolo: in fondo la discussione religiosa resta religiosa, oppone fatti a fatti, rivelazione a rivelazione; il perchè ogni lotta religiosa è la guerra civile della cristianità. Da ultimo, il cristianesimo e lo stesso cattolicismo tollerano nel loro seno la metafisica: e come potrebbero proscriverla? Essi sono la rivelazione, sono il prodigio, sono il miracolo e il fatto; e purchè l'apparente sia rispettato, riverito, comentato alla maggior gloria di Dio, non si teme la discussione metafisica e il miracolo si rassicura finchè non vede fuori di sè se non l'impossibile.
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