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      Ama l'Italia; l'adora. Che vuole? Trabocca d'affetti e di parole sulla grandezza di Roma; e l'astratta Roma, l'astratto imperio, l'astratta gloria dei padroni del mondo vogliono il papa a Roma, l'imperatore in Italia; applaudono al tribuno che sorge, insultano al tribuno che cade; se cercasi un senso alla parola vitale del poeta, essa grida: viva chi vince e il mondo qual'è.
      L'equivoco classico insterilisce il peripatetismo rinascente di Pomponaccio, di Cardano, di Vanini. I nuovi discepoli dello Stagirita sono nemici di Cristo che mettono a livello d'ogni profeta, d'ogni taumaturgo. Ma la metifisica deve trovar l'equazione tra i profeti, e son tutti trasformati in rivelatori di una religione astratta, classica, sempre la stessa ad ogni rivoluzione celeste, per cui la metafisica che nega Dio, accetta i miracoli di tutti i riformatori, riconoscendoli di fatto, attribuendoli alle sfere. Accetta il culto senza spiegarsi sui dogmi, accetta la legge soprannaturale senza curarsi delle leggi; e l'impotenza metafisica proclama e rispetta l'impostura dei taumaturgi cristiani, il dominio del papa, la schiavitù religiosa della moltitudine che crede condannata a un errore sì grossolano, che poco importa d'esaminarne la forma. Qui l'equivoco classico traduce la prosa del Petrarca nella politica del Machiavelli. Per sé, Machiavelli è rivelatore della nuova vita, vuole l'italia libera, una, come la Francia; dichiara che l'impero è conquista, che il papato è un'impostura; che l'impero perpetua l'ingiuria di Cesare, il papato perpetua la viltà di Cristo.


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Filosofia della rivoluzione
di Giuseppe Ferrari
1851 pagine 693

   





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