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      I discepoli di Locke pių non dichiaransi incompetenti nella morale, nella storia, nella politica, nella religione; al contrario, riducono ad inane aberrazione della mente quanto non concerne la morale, la politica, la storia e la religione.
      4.° Dopo Locke, la ricerca sull'origine delle idee divenne una necessitā. Non si giudichi metafisicamente la nuova teoria che trae le idee dall'origine del senso; č falsa di fatto; pure raggiunge l'intento. Se non si traducono i generi in individui, nč le idee in sensazioni, se Locke disconosce il complicato labirinto in cui s'avvolge, se, non istruito dalla critica, cerca nuove equazioni lā dove era mestieri osservare e accettare il fenomeno, la sua teoria, guidata da una vera ispirazione, cercava meno l'origine delle idee, che l'origine dell'errore delle religioni: metafisicamente fallita, era istoricamente redentrice. Decomponeva, verificava la rivelazione soprannaturale, riducendola a' suoi elementi, e ne emergeva il trionfo della rivelazione naturale. Locke aveva la coscienza dell'alta impresa a cui si accingeva: combattendo le idee innate, dichiarava che la lotta esigeva coraggio, che doveva rovesciare il vitello d'oro, ed il vitello d'oro era il trono e l'altare, radicati nel miracolo religioso e sussidiati dall'impossibile metafisica.
      5.° Per la prima volta il filosofo accettava la rivelazione naturale: la sua guerra contro gli assiomi, contro il sillogismo non č guerra insensata, come dissero i metafisici e i teologi; č guerra mal governata, ma mira allo scopo di subordinare la logica alla rivelazione naturale.


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Filosofia della rivoluzione
di Giuseppe Ferrari
1851 pagine 693

   





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