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      Gli atei della scuola di Locke furono le mille volte più potenti, l'ateismo rivendica ogni diritto dell'uomo, lo fa essere suo pontefice, suo imperatore. Nè accuseremo certo l'ateismo del secolo decimottavo: solo osserveremo che, costretto a compiersi metafisicamente sull'equazione del senso, doveva combattere quanto sfuggiva all'equazione stessa: quindi l'accusa diretta contro i capi della società, concentrata nei capi, estesa a tutti i capi, estesa a tutti i legislatori passati, tranne poche eccezioni: quindi inconscio della conseguenza, l'ateismo finiva a lasciare il popolo qual moltitudine di bimani, preda eterna a una mano di sacerdoti e di conquistatori: quindi, predicando libertà ad un'eterna schiavitù, perdeva ogni speranza: ogni uomo della rivoluzione doveva essere dittatore, legislatore, imitare i conquistatori, i sacerdoti, e colla meccanica necessità della dominazione, trascendevasi prima al cieco empirismo delle cospirazioni, poi alla cieca violenza del combattimento. L'ateismo era vinto non era sistema sociale, non sostituivasi socialmente, sistematicamente alla religione; combatteva la dominazione spirituale, e lasciando sussistere la dominazione temporale che lo reclamava. Rimaneva spoglio di forse ogni suo successo, l'ateismo riducevasi ad un'ingiuria, cercava forze e trovava ribellioni, non rivoluzioni; la ragione diventava dea, poi donna, poi bordello; dava la libertà a migliaja di dementi; servi della proprietà, non dovevano combattere l'essere supremo; alienati di cuore, dovevano esserlo di mente.


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Filosofia della rivoluzione
di Giuseppe Ferrari
1851 pagine 693

   





Locke