Che fare? dicono i derisori; volete rifugiarvi presso i selvaggi? No, siate uomo, siate cittadino; il selvaggio di Rousseau non è in America, è in noi, dappertutto ove havvi un uomo, e l'uomo della natura è superiore a tutti i legislatori; dinanzi a lui il savio de' tempi antichi altro non è più che un commesso revocabile se governa, e se non governa, un cittadino che dà il suo voto.
Credo inutile di provare che i principj di Voltaire e di Rousseau fossero accettati nel decimottavo secolo: parliamo dell'azione. Supponiamo che un contemporaneo di Rousseau, prevedendo il futuro, volendo crearlo egli stesso, ordisca una vasta cospirazione; supponiamo che, antivedendo la fatalità degli avvenimenti che trasporta le moltitudini di idea in idea, sempre al li là dello scopo prefisso, egli predisponga una serie d'iniziazioni in guisa, che il bagliore della luce non sgomenti i più timidi o i meno interessati all'impresa. Che farà? Nella prima iniziazione predicherà la morale universale, una filantropia generica; imiterà Petrarca, riunirà le più strane contraddizioni sotto il manto di una silenziosa ortodossia. Poi trascinerà in una seconda congrega occulta, ignorata dai primi iniziati, coloro che sentono la necessità di uscire dal vago della filantropia irriflessiva, senza però retrocedere all'ortodossia: qui Gesù Cristo e Confucio, i santi e i legislatori saranno posti in un fascio e si professerà una religione amichevolmente superiore a tutte le religioni. Poi il cospiratore riunirà in una terza congrega, parimente ignorata, coloro tra gli iniziati che la religione universale spinge a combattere il regno della forza e dell'errore: qui la società sarà una cospirazione contro il trono e l'altare, ma una cospirazione pacifica.
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