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      Napoleone combatte gli antichi re della Francia; dunque gli basta essere al governo per assicurare la vittoria, quindi ordina la reazione, dunque deporta i giacobini, sottoscrive il concordato con la chiesa, sopprime il tribunato, s'incorona imperatore. Parimente all'estero, volendo rispettare la proprietà e la religione, Napoleone mira solo ad esser governo per vincer gli antichi governi.. Dunque è conquistatore, dunque innalza nuovi troni, infrange le corone, arrogasi il diritto di Carlomagno, ristaura l'impero a suo profitto. Ne nasce che colla guerra imperiale Napoleone in Francia è capo e nemico della rivoluzione, all'estero è liberatore e conquistatore; dovunque riassume la rivoluzione e Carlomagno, Voltaire e Cristo, la legge agraria e i feudi, la libertà individuale e la Bastiglia, l'uomo di genio e il re. La guerra imperiale sfuggiva di continuo alla contraddizione prorogandone lo scioglimento; pure la contraddizione era patente, continua, ingrandiva ad ogni passo: colla vittoria deificava il successo, e l'immenso successo non aveva fondamento. Napoleone era aborrito dal re quanto Robespierre, e dai popoli quanto i loro principi naturali, a cui la guerra imperiale lasciava gli antichi sostegni della proprietà e della religione. I popoli non erano più associati alla rivoluzione, e questa era travisata a tal punto, che gli stessi re potevano imitarla promettendo le costituzioni. Quindi Napoleone scompare a Waterloo, oppresso da tutti i re che parlavano in nonne di. Dio, e abbandonato dagli uomini che parlavano a nome della ragione.


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Filosofia della rivoluzione
di Giuseppe Ferrari
1851 pagine 693

   





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