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      Ne risulta però questo doppio insegnamento: cioè, che il trono e l'altare si fondano sull'ingiustizia e sull'errore, in guisa che nè il deismo metafisico, nè la guerra imperiale può sradicarli. In secondo luogo, dopo Napoleone, l'Europa apprende che l'iniziativa della rivoluzione sta in Francia, in guisa che ogni nemico della iniziativa francese riesce amico della reazione europea; da Napoleone in poi ogni moto francese è moto immediatamente europeo; la supremazia francese cresce ad ogni giorno, cresce talmente, che in Italia, in Germania, dappertutto, il medio ceto, già nemico dei re, si collega col trono e coll'altare per difendere l'ineguaglianza e l'eredità.
     
     
     
      Capitolo V
     
      LA MONARCHIA IN FRANCIA
     
      I Borboni furono imposti dall'Europa; ma nè Luigi XVIII, nè Carlo X, nè Luigi Filippo non sono mai stati re. Il re è un capo la cui l'autorità è incontestata, il cui principio è sacro: il re è il padre del popolo, l'anima della nazione, l'uomo indispensabile, a cui nulla può supplire se non la pubblica ragione. Dopo Luigi XVI, dopo il 93, la Francia non ebbe più re. I Borboni del 1815 furono accettati quali dittatori.
      Nel fatto i Borboni regnarono sempre assediati dalle cospirazioni, poi in tre giorni furono sbanditi; il loro governo era dunque provvisorio, forzato, effimero: dunque la rivoluzione non era vinta, dunque il dato vitale di Voltaire e di Rousseau sussisteva, ed era mestieri appagarlo. Tutti i re lo riconoscevano, e credevano necessaria in Francia quella costituzione che rifiutavano ai propri popoli; mentre imponevano i Borboni, i re transigevano colla Francia; la loro vittoria riceveva il limite della carta.


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Filosofia della rivoluzione
di Giuseppe Ferrari
1851 pagine 693

   





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