Affettavano di considerare il re, i Pari, la camera, il censo elettorale quali instituzioni sacre poste fuori di dubbio; pensavano che la discussione non cadrebbe se non sugli affari correnti del regno. S'ingannavano: per fondare il regime inglese, per fondare la reazione, discutevano per l'appunto quella rivoluzione di cui non volevano parlare; la lotta parlamentaria diventando rivoluzionaria, che rendeva dubbia ad ogni passo la dittatura de' Borboni.
Predicavisi necessaria un'autorità; e sembrava che il secolo decimottavo, la storia stessa della rivoluzione dessero ragione agli apologisti dell'autorità. Voltaire e Rousseau non riconoscevano forse che i popoli erano sempre stati preda dei tiranni, dei conquistatori o almeno dei legislatori? Come mai riscattare dal dominio dei re e dei pontefici la moltitudine che vuol obbedire ai pontefici, ai re, ai capi, qualunque sia la loro denominazione? Non era evidente che se il movimento liberatore partiva, dall'alto, conduceva alla tirannia, che il tiranno invocato da Platone avrebbe fondato, non la repubblica, ma la teocrazia? La scienza storica della Germania rivela una risposta imprevista, e ci mostra che ogni pontefice non ha regnato se non alla condizione di rappresentare gli interessi e la fede di un popolo: qual interesse rappresentavano i Borboni? Quello dello straniero: qual era la loro fede? Il cristianesimo era vinto, non era più altro che la meccanica di un'ineguaghanza voluta, imposta colle baionette dell'Europa. La fede, gli interessi della Francia scacciavano i rappresentanti della cristianità; e si svelava il moto storico per cui i pontefici vincono i pontefici, e per cui ogni dogma soprannaturale deve finire.
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