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      S'insegna nelle cattedre come i dogmi hanno fine, s'insegna nei templi che la fede risorge; ed ecco il governo che deve difendere le religioni discutendo ad alta voce quanto in altri tempi susurravasi arcanamente all'orecchio. Perchè tanto rispetto per il papa, per Lutero, per la sinagoga? Si risponde che abbisogna una religione per il popolo, un cielo al povero, una qualsiasi illusione per mansuefare la plebe diseredata. E perchè una religione all'Istituto e alla Sorbona? Per conservare l'errore del popolo. Quindi il Dio di Robespierre assale e rispetta, disprezza e venera tutte le religioni: poi s'inchina alla Bibbia, e destituisce il filosofo; vuol la verità subordinata all'errore, la storia alla favola; insegna che il vero progresso si sviluppa con misura, con circospezione, con destrezza. Ed ecco che sorge la morale della disinvoltura; il governo è inteso a scegliere i ministri dell'occasione, della circostanza, dell'opportunità; gli uomini che sappiano librarsi nel giusto mezzo tra il vero ed il falso, tra il giusto e l'ingiusto: si fa astrazione da ogni principio, da ogni diritto, da ogni morale. Quindi ognuno inteso a farsi aggradare come uomo possibile ognuno inteso a farsi via alla fortuna, rimovendo da sè l'impossibile, cioè la ragione integra e pura. Quindi il successo divien regola, divien legge; il re-ostacolo, sta col fatto, colla forza; resiste, e sempre discutendo, ad ogni fatto che vuol compiersi; resiste al diventare, al sorgere, al nascere, alla vita; la sua ragione combatte la ragione.


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Filosofia della rivoluzione
di Giuseppe Ferrari
1851 pagine 693

   





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