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      Difende forse la chiesa, i re? No; il fatto solo del suo governo è un insulto all'antico regime; egli si dice un giusto mezzo; e qui ancora la ricerca del giusto mezzo deve esser fatta in pubblico, innanzi alla rivoluzione ed alla chiesa: indi nuova difficoltà; il giusto mezzo è accusato dalla chiesa di esser voltèriano, dalla rivoluzione di esser cattolico; il giusto mezzo non può difendersi, è senza coscienza, è come Napoleone nel momento della grandezza, religioso e irreligioso, empio innanzi ad ogni coscienza, unicamente sostenuto dalla malizia, dagli espedienti e definitivamente dalla cupidigia regale, che cerca la lega di tutti i culti contro il culto della verità. Sotto Luigi Filippo, la scienza officiale s'insterilisce a disegno, sopprime le proprie conseguenze, si rivolta contro la sincera scienza; il governo ordisce in seno alla nazione la santa alleanza di tutti gli errori.
      La resistenza è la stessa contro l'eguaglianza: la carta riconosce l'eguaglianza di tutti i cittadini innanzi alla legge, ma Luigi Filippo è il re de' ricchi; dimostra che i soli proprietari sono sapienti, sono degni di governare; che l'immensa maggioranza della nazione non ha tanto discernimento che basti ad eleggere un deputato; che la virtù è incarnata nei milionari, ne' venturieri. Poi accusa i democratici d'essere dementi, perchè vogliono l'eguaglianza; accusa gli operai di essere cupidi perchè non vogliono morir di fame; professa che i savi, i moderati sono i banchieri, i monopolisti, gli sfaccendati, i sofisti che comentano Platone e fanno l'elogio dei ricchi.


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Filosofia della rivoluzione
di Giuseppe Ferrari
1851 pagine 693

   





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