Saint-Simon sente meglio la giustizia, rammenta Rousseau, è paradossale, ma spietato nell'assalto e irresistibile nella, censura. Che fa Luigi Filippo? Difende l'ineguaglianza a nome dell'eguaglianza; si fonda sul principio della libertà individuale per proteggere e fomentare i vizi della libera concorrenza; vuol profittarne, vuol trarne la perpetuità della sua dinastia. Volge il medio ceto contro il popolo, ordina una nuova nobiltà di arricchiti, mostra l'urgenza di combattere la rivoluzione del povero col ferro, col fuoco; non vuol nemmeno che sia discussa all'università, all'Instituto; appone a delitto il parlarne.
La politica di Luigi Filippo è consentanea alla resistenza, sistematica contro la ragione e l'eguaglianza degli uomini. La rivoluzione parte dal principio della sovranità del popolo, e reclama per conseguenza la sovranità dei popoli; essa isola la Francia per opporla alla cristianità. Pure v'ha un capo, v'ha un limite; è necessario questo limite? Convien discutere, si discute. Ecco il problema della guerra e della pace; e sorge a proposito della santa sede che la rivoluzione vuol abbattuta e che il capo della Francia vuoi salva. Si giunge a una transazione, il principio del non intervento è proclamato, non vi sarà adunque né la lega dei popoli, nè quella dei re: ogni nazione s'isolerà, camminerà sola, giungerà alla libertà, se vorrà, se saprà conquistarla.. Tale è l'utopia del 1830; bastava alla libertà di tutti; lasciava togliere l'Italia al papa e all'imperatore, lasciava liberare la Spagna, vivere indipendente il Belgio, democratizzarsi la Germania.
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