Capitolo VII
LA LIBERTĄ DEI CULTI
La libertą de' culti, č un nuovo equivoco, una contraddizione positiva e intollerabile.Una religione č una soluzione piena, intera del problema del destino; essa abbraccia il presente, il passato, l'avvenire; essa comprende l'uomo, lo Stato, l'umanitą; essa spiega tutto, dirige tutto; nulla havvi che si sottragga al suo dominio. Mal conosce il prete chi suppone ch'ei possa starsi nella sua chiesa circoscritto alle sue cerimonie; il prete regna sulle coscienze, e ogni cosa č subordinata alla sua decisione; il prete č un magistrato morale, e ogni cosa subordinata alla morale. Datemi la vostra coscienza, vi lascio tutti i tesori della terra; li crederete vostri, e io ne sarņ il padrone. La libertą di una religione č il suo impero; il suo primo dovere č di regnar sopra di sč, di giudicarsi da sč, di propagarsi, di insegnare; in altri termini, di comandare. Una religione č l'assoluto; due o pił religioni sono due o pił assoluti che si negano, che si maledicono a vicenda, e devono combattersi colla parola, cogli atti, col fatto. Per sč stessa la loro libertą č la guerra civile.
Materialmente impossibile, la libertą dei culti riesce nella pratica al dominio del governo sui culti. Il governo interviene come polizia; qui impedisce al clero di riunirsi in un sinodo, lą vieta ai vescovi di carteggiare con Roma, altrove sopprime alcune cerimonie, altrove ne reclama altre. Ma perchč sottoporrete il sacerdote a una legge che forse il suo dogma riguarda come empia? perché farvi giudici del vescovo, giudici del pontefice, di Cristo? perchč farvi dominatori dell'ebreo, del cattolico e del protestante?
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Stato Roma Cristo
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