Ecco le sue parole: «Tornare dopo mezzo secolo ai principj del 92 o a quelli della conquista imperiale, non sarebbe progredire, ma retrocedere nei termini» . Dunque non volevasi il principio del 92 osai confidato a Luigi XVI, ma pur liberatore; confondevasi a disegno l'intento rivoluzionario del 92 coi traviamento della conquista imperiale: Lamartine accusava già la propaganda armata della rivoluzione, anzi la calunniava. «Nel 1792», diceva egli, «era soltanto il ceto-medio che voleva esercitare la libertà,e goderne. Il suo trionfo era allora egoista, siccome suole essere il trionfo di ogni oligarchia. Esso voleva tenere per sè solo i diritti conquistati da tutti, e convenivagli perciò operare una forte diversione alla signoria popolare col precipitarla sul campo di battaglia per impedirle di pensare al governo. Questa diversione era la guerra; la guerra fu il pensiero de' monarchisti e de' girondini». Qui preparavasi l'accusa di monarchismo e di girondismo contro coloro che volessero combattere il manifesto; dichiaravansi sospetti coloro che volessero spingere alla guerra contro la cristianità, accusavansi di voler operare una forte diversione all'avvenimento del popolo, di voler precipitare il popolo sul campo di battaglia per impedirgli d'entrare nel proprio governo. Erano sospetti; e dinanzi a chi? Dinanzi a Lamartine, l'uomo dei borghesi, che volevano quel governo, che lo tenevano,che volevano conservarlo, che volevano lo statu quo. Quindi le parole con cui Lamartine dichiara finito ogni dissidio interno.
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