«Nel 1792 una lotta terribile si prolungava . tra le classi spodestate dei loro privilegi, e le classi che avevano conquistata l'eguaglianza e la libertà. Non vi sono più oramai classi distinte e diseguali. Nel 1792, il pensiero del secolo che tramontava era solo nella mente di qualche filosofo; oggi la filosofia è popolare. Cinquant'anni di libertà di pensare, di parlare, di scrivere hanno prodotto il loro effetto». Insomma, Lamartine, alla vigilia della più formidabile lotta generata dalla libertà di pensare, di parlare, di scrivere, annunziava finita la rivoluzione; e se si restava nella teoria della libertà formale, era finita; non aveva dogma, non principio d'onde muovere verso un qualsiasi avvenire, non aveva una coscienza morale e giuridica avversa alla cristianità, non aveva ragione alcuna di combattere i re, i principi, il papa, l'imperatore; aveva tutte le ragioni della pace per rientrare nel concerto europeo. L'astratta libertà dava per conseguenza lo statu quo: Lamartine non mancava di formulare la consegunza. «I trattati del 1815», concludeva egli, non . esistono più di diritto per la repubblica francese, nondimeno le circoscrizioni territoriali di questi trattati sono un fatto ch'essa accetta qual punto di partenza ne' suoi rapporti con le altre nazioni». Esse non potevano chiedere di più; la libertà proponeva alla cristianità le basi della cristianità; abbandonava le Polonia, il regno Lombardo-Veneto; limitavasi a reclamare il non intervento in Svizzera e negli Stati indipendenti d'Italia.
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