Che la discussione sugli affari di Roma fosse piena d'ipocrisia e di cavilli, d'infamie e di pentimenti, non io certo il negherò; quanto negherò sempre si è, che la costituzione fosse violata; essa non lo fu, non poteva esserlo, voleva da sè la propria violazione; e questo dico perchè ciò insegna doversi uscire dal principio astratto della libertà, se non vogliamo essere traditi ad ogni passo, e avviluppati in mille frodi. La libertà ci ha fatto genti senza dogmi, senza regola, senza condotta; le nostre leggi sono insidie, le nostro discussioni sono sottigliezze bizantine, le nostre costituzioni proteggono i più forti, i re, i papi, i condottieri. Presso gli antichi, nel medio-evo, le leggi erano precise, emanavano da un principio, affermavano, negavano i dogmi; l'equivoco era impossibile, Finchè noi non avremo il coraggio di inscrivere nelle nostre costituzioni la nostra vera religione, cioè la scienza, i nostri nemici s'insinueranno sempre nel nostro campo colle armi loro, fornite dalla nostra viltà7
Capitolo IX
LA LIBERTA ECONOMICA.
L'astratta libertà che regna in questo momento protegge tutte le libertà, quella del ricco e quella dei povero; per cui l'antica iniquità si riproduce attraverso leggi che promettono giustizia. Or bene, lasciata da parte ogni discussione socialista, non esaminata se non l'economia politica, ci troveremo spinti al nuovo riparto dei beni dai principj stessi degli economisti. La necessità del riparto si mostra progressiva nelle tre teorie successive del lusso, del libero scambio e della libere concorrenza.
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Roma
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