Se l'Italia fosse nuova, non avrebbe nč tradizioni, nč cattedrali, nč cittā, nč capitali, nč poeti, nč filosofi, e tanta č la nostra ricchezza, tanta la nostra antichitā, e tale forse la nostra vecchiaja, che al nostro confronto, le altre nazioni ci sembran giovani e nascenti.
E perchč mai l'Italia č sempre stata una altissima nazione? Forse a causa delle sue armi? Ma essa cede agli altri popoli questo vanto, ed anzi chiama dall'estero i suoi condottieri, i suoi imperatori.
Parlerete forse delle industrie nostre? Qui pure abbiamo avuto nazioni rivali, nazioni superiori.
Anche nell'antichitā (che non č vanto) siam sorpassati dalle pių lontane ed eterne nazioni dell'Asia.
Quale č adunque il principio che ci ha costituiti, e che senza interruzione ci ha resi superiori a tutti i popoli, e ci ha permesso di conservare l'ombra della conquista romana? Non io ve lo dirō, domandatelo ai poeti; e lo stesso Dante ve lo additerā nel papato, e il papato reggerā la Gerusalemme liberata, e gli scherzi stessi dell'Ariosto non trascenderanno il patto di Carlo Magno colla Chiesa, e Raffaello e Michelangelo ve ne celebreranno le glorie, e troverete i libri stessi del Macchiavelli dedicati al papa, e il Vaticano sarā come il tempio di Delfo, nel quale tutti i filosofi, tutti i poeti, e lo stesso Euclide deponevano i libri loro, e s'intende che il Vaticano innalzato a tanta altezza sia stato sė superiore a tutti i re, a tutti gli imperatori da distribuire, e da sanzionare i loro titoli di regno, di conquista e di benemerenza, chiamandoli sacri e dicendoli ora cristianissimi, ora cattolici, ora apostolici.
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