Avvi di più: avvocato ardito, in rapporto continuo coi più alti personaggi, patrocinatore officiale della municipalità di Napoli, il contemporaneo di Vico non può nascondere la propria celebrità. Tutti lo applaudono, tutti lo seguono; egli assale le tradizioni, affronta gli sdegni della Santa Sede, difende la sovranità del regno, ne scandaglia la storia, ne rivendica le glorie, e tanta è la sua fama, tale l'influenza sua, che la superstiziosa Napoli ne rimane scossa, che non gli è acconsentito di vivere nè a Napoli, nè a Venezia, nè in Lombardia, nè in alcun angolo della Penisola, e che se non tutti riconoscono il merito suo, tutti vedono la corona di spine colla quale si presenta non certo al pontefice, ma all'imperatore di Germania suo mecenate.
Orbene, in mezzo alla sua celebrità, la sua scienza rimane ancora più occulta di quella del Vico. Voi celebrate il suo nome, voi rispettate le sue opere, voi lo avete riposto fra i primi storici dell'Italia. voi lo considerate come uno dei rappresentanti della nostra tradizionale libertà, la storia civile del regno delle due Sicilie, è nelle mani di tutti, ma il suo libro del Triregno, giace ancora inedito(2), e per ventura io ne conosco una parte senza speranza di rinvenirne le altre. E perchè tanto obblio in mezzo a tanto rumore? Per la ragione che la filosofia della storia era scienza nuova, non doveva essere intesa, non era destinata a dare un insegnamento politico diretto volgare e simile al dominio dei pontefici seguiva la linea indiretta nell'arte del regnare e non tribunizia non monarchica calcolava gli effetti mai su ciò che riesce agli uomini contro la loro previsione.
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