Quindi l'avvocato napoletano descrive la terra, le città, le provincie; discute tutte le questioni diplomatiche e legali agitate fino dal tempo dei Romani; analizza le opinioni, le leggende, gli errori popolari creati da ogni secolo e sovrapposti gli uni agli altri per innalzare la Babele romana, e scrivendo un repertorio completo all'uso d'ogni libero pensatore, egli svela gli artifizii dei pontefici contro la libertà nel mezzodì, le maschere diverse che mettevano per sorprendere i popoli, le astuzie colle quali moltiplicavano le immunità, i pretendenti, gli anatemi, le crociate, i malefizii, i cui risultati inopinati sconcertavano tutte le correnti delle previsioni umane.
Que' monaci che sembravano instituiti a caso, un giorno da S. Francesco, l'altro giorno da S. Domenico o da altri devoti fondatori; quei conventi, quelle badie, quelle giurisdizioni, opera di una candida credulità; quegli avvenimenti in apparenza ciechi come la fede e fortuiti come l'ignoranza; quelle preghiere, quelle indulgenze, quegli esorcismi, quelle dispense nelle quali Roma sembrava assecondare con clemente dabbenaggine l'inspirazione dei fedeli, mostravansi oramai diretti da un calcolo, per cui la repubblica invisibile del sacerdozio soverchiava ogni repubblica politica.
Ne nasce che lo storico napoletano si sottrae per il primo all'errore delle storie isolate. "Non è sorto il reame, dice egli, come un'isola in mezzo all'Oceano"; ed egli associa le due storie di Napoli e di Roma.
Due sono i governi nel governo del mezzodì, e quindi egli si propone di esporli partitamente entrambi, "perchè, cito le sue parole, l'istoria civile secondo il presente sistema del mondo cattolico non può certamente andar disgiunta dalla storia ecclesiastica". S'intende pertanto come le leggi regnino sui fatti e fino dalle prime righe della prefazione, Giannone dice: "L'istoria ch'io prendo a scrivere del regno di Napoli non sarà per assordare i leggitori collo strepito delle battaglie e col suonar delle armi che per più secoli lo renderono miserabil teatro di guerre ... altro ufficio ho assunto ... sarà questa istoria tutta civile, e perciò, se io non sono errato, tutta nuova".
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