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      Ogni invasione determina difatto una epoca nel regno di Napoli, e le dà il primo carattere di ogni epoca, che deve essere chiara, popolare, svelta da ogni antecedente, fissata con date dove il volgo concorda col filosofo, cui non lice di assegnare ore proprie al corso dei secoli. Ma qual è la ragione di queste epoche che cadono dall'alto e piombano su Napoli e Palermo, interrompendone in apparenza piuttosto che assecondandone il moto spontaneo? Non sembrano forse imposte da un destino estraneo al moto nazionale? Da forse in contraddizione con quelle della terra? Non potrebbero forse rappresentare piuttosto la sciagura che la fortuna delle Due Sicilie? Prontissimi a seguire Giannone ed a considerare la serie delle conquiste subite dai popoli del mezzodì come la serie de' loro progressi, possiamo noi proclamare un sì strano paradosso, senza almeno togliergli le apparenze dell'assurdo?
      In ogni modo, per lo storico napoletano il moto delle epoche parte dall'alto, dai capi, dai conquistatori, e se gli chiedete qual sia il principio della storia moderna, vi parla di Teodorico re dei Goti, ve lo conduce dalle più lontane regioni del nord fino a Bisanzio, ne celebra l'animo, l'arditezza, la sapienza, e sarà il suo proposito di conquistare l'Italia il principio della storia nostra. E che? se egli fosse stato meno animoso, o Cesare meno annuente, o i Goti meno felici, la nostra storia non avrebbe forse avuto principio? Dovremmo noi ripetere le nostre origini dalla lontana Scandinavia?
      Ai Goti succedono più tardi i Greci di Bisanzio, e ciò, secondo Giannone, perchè la regina Amalasunta paventando i disordini del regno e la propria debolezza, offre di riconoscersi vassalla di Giustiniano, che quindi invia Belisario e Narsete, i quali cadono come nuovi aeroliti sul suolo italiano.


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La mente di Pietro Giannone
Lezioni
di Giuseppe Ferrari
Tipografia del Libero Pensiero
1868 pagine 187

   





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