Sì poco Giannone intende questi problemi, che sfiorandoli ricorre ancora alla buona o mala volontà degli uomini, attribuendo, per esempio, la decomposizione di Benevento "alla protervia dei Capuani (sono sue parole), e molto più alla malvagità di Landolfo, loro castaldo". Egli non s'accorge che la responsabilità dei capi spira nelle moltitudini, la cui responsabilità alla volta sua è vinta dalla terra: in faccia al commercio, alle comunicazioni, agli arrivi, alle partenze, la protervia, la malvagità, la benevolenza, la carità non hanno potere alcuno; e quando i popoli sono malcontenti dei centri antichi, e loro più non basta l'antica organizzazione geografica, allora chiedono altri centri, altre comunicazioni, un'altra geografia e allora mutano di governo anche a costo d'invocare una conquista.
Quindi si sfuggiva alla difficile Benevento collo affrazionamento di Capua e di Salerno; si evitava poi l'affrazionamento anarchico, proclamando l'armonica federazione dei Normanni; si lasciava questa federazione ormai discorde od impotente a raffrenare l'invasione pontificia, creando a Palermo l'unità di Ruggiero; si sacrificava più tardi anche questa unità interrotta dal mare, fondata su di un centro troppo remoto, su di un capo troppo lontano dal nemico di Roma, improvvisando d'un tratto colla forza di un'invasione la grandissima ed incantevole Napoli. E una volta fissata la gran sede del mezzodì si rassicurava con due secoli di guerra, contro la detronizzata Palermo, e con due secoli di pace sotto la protezione della Spagna.
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