Nč sarei quindi meravigliato se leggendo il primo libro del Triregno vi trovassi riuniti i passi coi quali Collins provava la libertā degli antichi o le citazioni colle quali Warburton quasi nello stesso tempo mostrava essere stata generale tra i filosofi pagani l'opinione che l'uomo finiva colla morte.
Consultate voi Aristotile? Vi dirā che "la morte č il pių terribile dei mali, dopo di essa nulla havvi da sperare, nulla da temere." - Secondo Epitetto: "Voi non andate in un luogo di pene, ma ritornerete al principio donde siete usciti; gli elementi del vostro corpo si ricongiungeranno colla terra, coll'acqua, coll'aria, col fuoco, non havvi nč Inferno, nč Acheronte, nč Cocito, nč Flegetonte." - Seneca inanima Marzia assicurandola che i morti non soffrono alcun male. "Il terrore dell'inferno, dice egli, č una favola. I morti non temono nč tenebre, nč prigioni, nč torrenti di fuoco, nč il fiume dell'obb1io; dopo la tomba non si trovano nč tribunali, nč colpevoli, e regna una libertā vaga senza tiranni. Dando libera carriera alla loro immaginazione i poeti hanno voluto spaventarci, ma la morte č il termine d'ogni dolore, la fine d'ogni male e ci mette nella stessa tranquillitā nella quale eravamo prima di nascere." - Ecco le parole di Cicerone al Senato nella sua aringa per Cluenzio: "Qual male gli ha dunque fatto la morte? Noi rigettiamo tutte le favole sull'inferno; che gli ha tolto adunque la morte? Nulla tranne il sentimento del dolore." - E che dice Cesare quando perora in Senato la causa di Catilina?
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