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      In che consisterà adunque la nostra felicità? In qual modo conosceremo noi Dio e l'ordine generale? Qual sarà la delizia di vivere di scienza in mezzo ad esseri destituiti di ogni sesso? Spento l'amore, come potrà nascere la gioja? S. Paolo dice che, salito al terzo cielo, vide ciò che l'occhio non può scorgere, nè l'orecchio intendere, nè il cuore sentire, quod oculus non vidit, nec aures audivit nec in cor hominis ascenit. E soggiunge altresì di aver udito parole misteriose che non lice all'uomo ripetere, audivit arcana verba quæ non licet homini loqui; ed anche G. Cristo pregato fervorosamente dai due figli di Zebedeo di accettarli nel suo regno, l'uno alla destra, l'altro alla sua sinistra, rusticamente risponde loro: " non sapete quel che chiedete; nescite quod petatis ".
      Rimane adunque stabilito, che il nuovo cielo non si deve descrivere; che la nostra rozza favella non può esprimerne gli incanti, e che temerario è ogni sforzo per chiarirne la natura. Solo sappiamo che vi si entrerà col corpo, nostro fedele compagno, che S. Paolo è già salito in persona al terzo cielo; che quindi vi sono più cieli, simili forse a quelli dell'astronomia mitologica. Gesù Cristo conferma quest'induzione quando annunzia, che parte per prepararci il suo celeste soggiorno, e quando assicura che vi saranno diversi posti, proporzionati ai nostri meriti, in domo patri mei, dice egli, mansiones multæ sunt. Probabilmente saranno queste abitazioni sulle nubi, dove il Deuteronomio colloca il trono celeste; egli sale verso le nubi spezzando la sua tomba, e da esse discenderà nel suo secondo avvento, e siamo addotti pur sempre a considerare il cielo venturo come un soggiorno materiale, da toccarsi colla mano, da vedersi cogli occhi, risuonante alle nostre orecchie, e tale che, lasciandoci la nostra attuale natura, rinascendo cogli organi attuali, noi potremo ancora mangiare, bevere e nutrirci.


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La mente di Pietro Giannone
Lezioni
di Giuseppe Ferrari
Tipografia del Libero Pensiero
1868 pagine 187

   





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