Ma noi lo abbiamo già detto, secondo Giannone non si può fermare nè il moto delle leggende, nè quello della filosofia, e nel 120 dell'era, Basilide della scuola Alessandrina già incomincia a torturare il venerato dogma della risurrezione. Come mai, chiede egli, sarebbero i corpi resi alle anime? Non si decompongono forse? Non vanno forse per via di degenerazione e di corruzione a formar altri individui, i quali alla volta loro ne procreano un numero indefinito? Per rifare un corpo bisognerebbe disfarne mille. A dispetto di Atanagora che lo combatte, Basilide trova più tardi un successore in Origene, e un altro successore in Arnobio. Gli stessi padri che propugnano la risurrezione, sono sorpresi e avviluppati dagli argomenti profani dei loro avversarj, e staccandosi nel loro pensiero l'anima dal corpo incominciano a preoccuparsi del luogo dove quiescono le anime nell'intervallo dalla morte alla risurrezione. S. Ireneo le colloca negli abissi della terra; le tenebre, il silenzio, gli abissi sembrangli i necessarj compagni del sonno assoluto: ma più tardi ripugna alla pietà dei fedeli il lasciare confusi i giusti coi malvagi, e Cipriano e Lattanzio separano i martiri dai proconsoli loro persecutori, collocando i primi sotto la pietra dell'altare, dove attendono la risurrezione e il trionfo. Più tardi ancora l'impazienza trasporta i fedeli, che troppo tedioso trovano il soggiorno di un altare per le anime dei giusti; i padri non possono raffrenare la poesia crescente della fede, e S. Agostino trasporta gli eletti negli atrj che circondano il regno dei cieli.
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