E innanzi tutto, la natura stessa del cielo č mutata; abitato da puri spiriti, diventa pił plastico, pił accessibile alle astrazioni metafisiche, ai ripieghi filosofici, all'immaginazione che vi trasporta oramai tutte le ombre degli estinti, senza che le qualitą primarie della materia pesino di troppo sulle sue nubi dorate. L'Apocalisse non essendo pił necessaria per compiere il dramma delle pene e delle ricompense, decade; il cielo non essendo pił la trasformazione della natura, non occorre di distruggere il mondo per salirvi e si sovrappone la terra senza prenderne il posto. Il giudizio universale diventa inutile: ridotto ad una ripetizione del giudizio pronunziato da Dio nell'istante della morte, pił non puņ nč sorprendere le anime degli eletti, nč costernare quelle dei dannati; le une e le altre conoscendo da pił secoli la propria sorte, assisteranno colla massima indifferenza alla lettura di una serie di sentenze gią in piena esecuzione.
Questa mutazione nel regno delle finzioni ne determina altre ben pił importanti nelle aspettative della vita attuale. Poichč i santi sono in cielo, si rivolgono loro preghiere e suppliche non mai prima imaginate. Nessuno aveva mai invocata l'intercessione di Elia o di Enoc o dei patriarchi, e si credeva anzi che, lungi dal poterci soccorrere, i migliori tra i morti avessero bisogno del nostro soccorso. La Chiesa pregava indistintamente per tutti i trapassati. "Nostro Signore Gesł Cristo, re della gloria (diceva un'antica preghiera), libera le anime di tutti gli estinti dalle pene dell'inferno, dalla bocca del leone, dalle acque del Tartaro e dall'abisso tenebroso". L'inno Dies irę che si canta nei funerali prova egualmente che la Chiesa prendeva cura di tutte le anime, e la festa dei morti era anch'essa originariamente universale, benchč dopo ristretta ai soli abitanti del purgatorio.
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