Più tardi Alessandro III fa in odio agli Inglesi ciò che Eugenio aveva fatto per amore ai Francesi, e divinizza san Tomaso di Cantorbery per discreditare il re d'Inghilterra suo persecutore. Lo stesso pontefice divieta di santificare per lo innanzi alcun uomo senza il permesso di Roma, quand'anche operasse miracoli. Questa decisione sottopone il mondo intero alla direzione del successore di san Pietro, e ne risulta che tutti i santi posteriormente canonizzati celebrano per così dire le glorie di Roma, e si schierano come una falange intorno al Vaticano, combattendo l'eresia, lo spirito profano, l'indipendenza dei re, i diritti degli imperatori, ogni principio contrario alla prepotente unità della Chiesa romana.
Diventato re del paradiso, il pontefice vi creò una gerarchia simile a quella delle corti, e si distinsero in primo luogo i veri santi dai semplici beati, riservati alle loro chiese particolari, destituiti di culto universale, e privi di aureola nei dipinti. Si tolse loro l'invocazione a voce alta, e bisognò che si contentassero di un ufficio recitato con rito semidoppio, e di feste di seconda, di terza e di quarta classe. Considerati come mezzo santi, si lasciò loro nondimeno la speranza di prender più tardi il posto tra i santi mediante un nuovo processo. Al disotto dei beati sorse la moltitudine dei venerabili, cioè dei morti illustri che attendono il loro processo di beatificazione, e che sono come la plebe dei nobili d'onde escono i conti, i baroni, i titolari dell'impero celeste.
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