Non fidatevi, tosto gli risponde il principe da Venezia; sventuratamente l'autore del Triregno segue l'opposto consiglio, ed assistito dalla principessa Trivulzi e dal marchese Olivassi, capo della giunta Lombarda, si rivolge al primo ministro, il marchese d'Ormea, offrendosi al re:
Scrissi, diss'egli, al marchese d'Ormea una molto umile e dimessa lettera, esponendogli i miei duri casi e pregandolo fervorosamente della sua intercessione presso la maestą del re, al quale io con tutto lo spirito avrei in suo servizio sagrificato tutto il rimanente della mia vita in qualunque occasione che la mia opera, la mia penna potesse essere di suo gradimento
. Si sperava che sarebbe nominato istoriografo del re.
Era il Marchese d'Ormea uomo abile, risoluto, rotto negli equivoci della corte sabauda, iniziato alla politica disperatamente felice tra l'Austria e la Francia, per cui il regno erasi esteso, e Vittorio Amedeo II abdicando l'aveva raccomandato al figlio come uno degli uomini pił utili alla corona. Di fatto presto riformava le finanze, soppiantava i rivali, s'innalzava al primo posto tra i consiglieri del re, lo difendeva consigliandogli di imprigionare il padre dimissionario, si arricchiva colle doti delle mogli, colle ereditą, con una fabbrica di panni, con quell'onestą che non escludeva i pił positivi calcoli dell'arte di accrescere e regnava collo sfarzo e colla sicurezza del gran signore indispensabile al trono, ed autore primo di una guerra che aveva raddoppiato il regno. Gli rimaneva di consolidarlo ottenendo la pace dal pontefice, verso il quale gli conveniva fare i primi passi con delicatissima cortesia.
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