Ciò posto sotto l'egida del padre Prever si scatena egli piamente contro i veri e primitivi fondatori del cristianesimo e ne mostra l'incomparabile ignoranza. Leggete, dice egli, con estrema circospezione Atenagora, Tertulliano, Lattanzio, Agostino, tutti i primi cristiani, e diffidatevi di loro. Travolti negli errori del tempo, gli infelici negano gli antipodi, si immaginano un cielo di cristallo, si lasciano trasportare dallo zelo ad insensate declamazioni contro le leggi dell'impero. Quasi tutti preferiscono il celibato al matrimonio; per S. Clemente le seconde nozze sono un adulterio, per Tertulliano è un delitto il portare la pretesta, il laticlavio, la porpora, le insegno della dignità imperiale: guardatevi dai Padri! Di pessimo umore, disprezzano la commedia, la tragedia, i giuochi, le imagini, le illuminazioni. Qui S. Girolamo vi vieta l'uso delle carni, là S. Clemente vi ricusa i mobili e gli ornamenti d'oro e d'argento: l'uno si scatena contro le parrucche, l'altro vi impone di radervi la barba per distruggere ogni dissomiglianza tra i due sessi. Come mai ascoltereste i Padri della Chiesa?
Per tal guisa, devotamente inginocchiato dinanzi ai libri della scolastica, Giannone si burla dei più venerati fondatori del culto, delle convulsive loro aspettative del millenio, del loro isterismo per le delizie imminenti del cielo, della loro passione per i precetti impossibili del Vangelo, delle loro goffe questioni sul luogo del paradiso terrestre, sul segno che distingueva Caino, cui gli uni davano un tremito nervoso, gli altri un corno in fronte, altri ancora un cane sopranaturale che gli serviva di battistrada; e via continuando riproduce tutte le objezioni le più scandalose sull'arca, sul diluvio, su Giobbe, sui tre Magi guidati da una stella, sulle conversazioni della Vergine cogli angeli, e su tutte le leggende della Chiesa.
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