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      Non si puō dire quanto egli si umiliasse dinanzi a suoi carcerieri, e spesso sembra come trasportato dalla frenesia dell'avvilimento. Ad ogni occasione solenne chiede la libertā al re, gli ricorda la offerta di servirlo che gli aveva liberamente fatta da Milano, gli richiama che l'arcivescovo di Napoli l'ha assolto, che l'Inquisizione lo ha benedetto, che si č ritrattato, che nulla ha mai nč fatto nč imaginato contro la casa di Savoja, gli professa "infiniti obblighi per averlo sottratto ai pericoli di perdizione nei quali era per cadere". Non si stanca di scrivere al marchese d'Ormea, cui si professa egualmente riconoscente; al padre Prever, cui deve la gioia della sua abjura; chiede pietā per un povero vecchio che domanda di finire i suoi giorni nella sua campagna di Napoli. Ma egli parla ai muri; lo stesso Prever resta pių anni senza vederlo nč rispondergli; un papa succede all'altro senza che la sua sorte sia mutata.
      Non basta: alle afflizioni fisiche se ne aggiungono altre pių pungenti, che gli archivj ci permettono di svelare colla sua corrispondenza. Nulla sa del mondo, nulla degli amici; nulla del figlio che noi abbiamo lasciato solo sulla via d'Italia nel cuore della notte. Dov'č egli? che fa sua madre? vive ancora? Era Angela Elisabetta Castelli, un vero angelo per la bellezza e per l'amore. Giannone l'aveva presa vergine nel fango, che una mala famiglia gliel'aveva venduta, ed era stata l'unica sua gioja sul suolo di Napoli, l'unica dolcezza della sua vita. Quando pių tardi egli partiva per l'esiglio, era entrata in un convento con una bambina in braccio, confidando il figlio alle cure del fratello di Giannone, nč mai pių aveva voluto uscire dal suo ritiro.


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La mente di Pietro Giannone
Lezioni
di Giuseppe Ferrari
Tipografia del Libero Pensiero
1868 pagine 187

   





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