Da quest'istante le lettere si succedono e si scambiano per torturare il prigioniero, perchč suo figlio non gli ha ancora detto che la metā delle sciagure. Non contento di scacciarlo, lo zio lo ha fatto mettere in prigione per tre mesi, ha voluto togliergli il nome, diffamarlo in tutta Napoli; ha tentato di maritare sua madre per separarla dal padre, e sul suo risoluto rifiuto, le ha diminuita ed anzi sospesa la misera pensione, e la infelice per sostenersi colla figlia era ridotta ad implorare la caritā del convento. Carlo Giannone voleva disperdere questa famiglia dell'amore.
Per colmo di sciagura, costui dilania il prigioniero colle indegne sue risposte. - Voi siete la rovina della nostra famiglia, gli dice, voi mettete a nostro carico il frutto de' vostri disordini; vostro figlio "non ha affatto religione, onde non ha costume, e per conseguenza non ha rispetto nč al cielo, ne a' suoi che l'hanno beneficato, e molto meno a tutti gli uomini: č un poltrone. uno stupido, un superbo al sommo vile". L' insolente, continua egli, non ha voluto servire l'imperatore, nostro unico benefattore, nel cui esercito tanti principi sono stati semplici soldati, e di ritorno č venuto in casa mia tirando la spada per uccidermi. - Ometto altre menzogne che il figlio ed altri devono combattere, smentire, rettificare con cento particolari e lunghe spiegazioni. Avvocato di professione, cavilloso di natura, ipocrita per istinto, il triste uomo replica sempre con lettere, che sono vere allegazioni forensi, piene di incidenti, di reticenze, di fatti alterati o inventati, di citazioni a sproposito tolte agli Apostoli e alle Pandette, e chiaramente s'intende che mira solo ad impadronirsi della povera ereditā del fratello giā sepellito nella sua prigione.
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