Il suo primo guadagno è impiegato a favore di suo padre, la sua prima influenza a profitto di suo fratello, il suo ultimo sforzo a proteggere i suoi.
Nelle sue Memorie voi leggete ogni più minuta particolarità della sua vita; vi espone le sue relazioni, le sue speranze, i suoi timori in ogni frangente, e sì poco dimentica i più intimi incidenti, che se troppo amaste la toga romana, potreste qualche volta crederlo in veste da camera. Pure, anche desiderandolo più avveduto a Napoli, più animoso a Vienna, più prudente a Venezia, più altero a Milano, più silenzioso a Torino, non lo trovate mai nel fango di una menzogna, lo vedete sempre tranquillo nelle più disperate vicissitudini, e possiede sempre, se non la durezza del ferro, almeno la elasticità dell'acciajo; se non la consistenza della rupe, almeno la incompressibilità dell'acqua, che potete calpestare, ma di cui non alterate mai il livello. Il padre Prever scrisse che "non diede mai contrassegno di disgusto o noja della sua prigionia, e che ivi viveva con tranquillità di spirito e con una santa contentezza ". La sua morte era quella di un cristiano in faccia ai credenti e di un filosofo in faccia alle peripezie della fortuna.
Quanto alle persone che funestarono o consolarono gli ultimi anni della sua carriera, seguirono esse l'onda di quell'ingrata generazione. I due papi suoi persecutori, Benedetto XIII e Clemente XII, passarono felicissimi, venerati da tutti, e persuasi dell'immortalità della santa Sede. Il re Carlo Emanuele III visse rispettato, e stabilì l'opinione, che avesse tenuto in cortese carcere la sua vittima, e che non le avesse tolta la libertà se non per meglio proteggerla contro il pontefice; mi accadde anzi di leggere in una recente biografia, che Giannone finisse i suoi giorni in Piemonte sotto la protezione del re di Sardegna.
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