Ora, anche se ai presenti modi teatrali di esecuzione capitale si sostituissero modi men dolorosi o più rapidi, come un potente veleno od una fortissima scossa elettrica, sarebbe possibile nel nostro paese, coi nostri costumi, una carneficina permanente di sei o sette esecuzioni capitali per ogni giorno dell'anno? Io non esito a negarlo ed a toccare cosa, per altra via, la conclusione che nel nostro paese la pena di morte non è applicabile in quelle proporzioni, che sole la renderebbero efficace, come selezione artificiale di elementi al massimo grado pericolosi; giacchè è facile vedere che questa principalissima ragione, per cui la pena di morte si può positivamente sostenere, non consente che se ne faccia applicazione a sei o sette individui ogni anno, senza neppur parlare della poco seria consuetudine di lasciar scritta nel codice una pena, che poi non viene applicata.
E l'altra potentissima ragione, onde io affermo l'inapplicabilità della pena capitale nel nostro paese, all'epoca nostra è la surrogabilità di essa pena con altri mezzi eliminativi. Questi sono l'ergastolo a vita — la deportazione oltremare — la deportazione interna.
L'ergastolo è certo il meno utile di questi mezzi, anche se fra le mura del carcere si potrà dare assetto razionale al lavoro dei condannati. Resta la deportazione: ma questa, quando è oltremare, già fu dimostrata impotente ed inattendibile dall'esperienza dell'Inghilterra, che puro ha tante forze marittime e tanta vastità di possedimenti coloniali: nè la persistenza della Francia in questo sistema vale a diminuirne gli inconvenienti, che sarebbero tanto più gravi per il nostro paese, per ragioni evidenti.
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