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      Onde è avvenuto, che in diversi modi prendendosi dagli espositori or dall'una, or dall'altra figura confusamente, è nata quella discordanza e quella fatica che si legge tra i varii commenti, e che durarono i molti commentatori.
      Io pertanto, sì perchè sono convinto di questo, sì perchè stimo di far opera nè indegna, nè vana, ho divisato di venire investigando lo spirito della Divina Commedia, e di trarlo dalle diverse forme, sotto cui è piaciuto all'autore di presentarlo, sceverando e distinguendo, per non dare in quel medesimo fallo, dove, a mio avviso, si è caduto da tanti. E già trattando la cosa mi è sembrato di poter affermare che esistono nella Divina Commedia ambo i sensi religioso e politico, i quali da chi l'uno, da chi l'altro si sono fino a qui contrastati; e che se tutti due convengono ad un ultimo scopo, hanno però ciascuno un fine proprio particolare. L'allegoria poi principale, quella cioè che si rileva specialmente nei primi due Canti dell'Inferno, non avrebbe nulla di comune con qualunque senso che si racchiuda per entro il Mistico Poema.
      Tenendo le tracce che verrò indicando non rimarrebbe, a mia vista, alcuna parte di Dante che fosse oscura; anzi tutto si spiegherebbe, perchè tutto sarebbe chiaro; e quello che è più, si verrebbe a ravvisare in tutta la sterminata sua grandezza l'inarrivabile mente dell'eccelso Poeta, tutto quanto il suo amore di patria e di Dio, il suo gran pensiero dell'Italica rigenerazione, e quanto giustamente potesse cantare che il suo Poema lo aveva fatto vivere macro per più anni.


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La religione e la politica di Dante Alighieri
di Paolo Ferroni
Utet Torino
1861 pagine 85

   





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