Ed infatti questa Teologia, che dirada intorno a sè l'aere grasso, chiarendo le cose oscure, che mena quel fracasso per l'inferno che abbiam letto, e cioè che abbatte tutte le false dottrine, mentre fuggono dinanzi a lei i peccatori, questa Teologia venne, e colla verghetta della sua scienza aperse le vietate porte onde i poeti poterono varcare l'esecrabile soglia e scorrere tutto il resto dell'orrendo baratro. Sparì l'angelo appena dischiuso Dite senza far motto, senza curarsi di quelli per cui era venuto, perchè la Teologia, che di poesia non si briga, non poteva prestar loro altro servizio che quello di porgere la materia. Che se l'angelo bravò i demoni che intendevano ricalcitrare a quella voglia a cui non si può mai togliere il raggiungimento di ciò a che tende, questo vuol dire che invano si frappongono ostacoli a chi abbia in animo di acquistar gloria, guidato dal lume di Dio, il quale gliela concede se non per una strada, per qualunque altra, poichè quel lume è tale che mena dritto altrui per ogni calle.
Un altro punto da notare è nel medesimo incontro, dove al Canto IX richiedendo Dante a Virgilio (v. 16-18) se alcuno del primo grado dell'inferno discende mai nel fondo del tristo regno, gli viene risposto da Virgilio stesso, che di rado ciò avviene, benchè egli avesse fatto un'altra volta il doloroso cammino che allora faceva, scongiurato da quella Eritone che richiamava le anime ai loro corpi. E prima di spiegare che cosa qui s'intenda di dire Virgilio, conviene ricordare che Lucano, poeta latino, il quale fu pagano come Virgilio, finse nel suo poema, La Farsaglia, che Sesto Pompeo sapesse dalla maga Eritone come Cesare, emulo di suo padre Pompeo il grande, sarebbe morto a tradimento.
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