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      C. II, v. 1-9). Rileveremmo da questo luogo che Dante viaggiando con Virgilio, cioè componendo il suo poema, si andava proponendo non pur di descrivere i luoghi e i modi di pena, secondo che la poesia gli avrebbero suggerito, ma qualche altra cosa che aveva già veduto prima e fuori di que' luoghi. - Fatta la invocazione, subitamente a un tratto s'arresta pauroso, e si rivolge a Virgilio e lo prega che ben consideri s'egli, che deve seguirlo, abbia virtù sufficiente per venire al passo, a cui lo commette, ragionando: «Tu, o Virgilio, hai narrato che Enea, ancora vivo, andò all'Inferno. Ma Iddio glielo permise perchè egli doveva venir padre e origine di Roma e del suo Impero, i quali veramente furono decretati dal cielo perchè vi trovassero posto e vi sedessero i Pontefici successori di S. Pietro. Colà Enea intese cose tali, onde ne venne la sua vittoria sopra i popoli del Lazio, e quindi l'impero de' Romani, e quindi ancora che i Pontefici indossassero in Roma il manto papale per la cattedra che vi eresse e che vi tenne s. Pietro(15). Al mondo di là fu rapito ancora s. Paolo, acciocchè potesse fortificare la fede di Cristo. Ma io perchè vi vengo? e se vi vengo chi me lo concede? Io non sono nè Enea nè s. Paolo: sì io, sì gli altri non mi credono degno a tanto. Però se io ti seguo temo che la mia venuta non sia giudicata folle; e tu ben comprendi ciò ch'io mi voglia dire» (Inf. C. II, v. 10-36).
      Se prima Dante ha mostrato il suo proposito di parlare di cose di questo mondo, ora indicherebbe di quanta gravità elle fossero, da tenersene indegno non per la materia da trattare, ma per l'effetto che si riprometteva.


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La religione e la politica di Dante Alighieri
di Paolo Ferroni
Utet Torino
1861 pagine 85

   





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