E certo il creder mio veniva intero:
Se non fosse 'l gran Prete, a cui mal prenda,
Che mi rimise nelle prime colpe;
E come e quare voglio che m'intenda.
Mentre ch'io forma fui d'ossa e di polpe,
Che la madre mi diè, l'opere mieNon furon leonine, ma di volpe.
Gli accorgimenti e le coperte vieIo seppi tutte; e sì menai lor arte,
Ch'al fine della terra il suono uscie.
Quando mi vidi giunto in quella parteDi mia età, dove ciascun dovrebbe
Calar le vele a raccoglier le sarte;
Ciò che pria mi piaceva, allor m'increbbe,
E pentuto e confesso mi rendei;
Ahi miser lasso! e giovato sarebbe.
Lo Principe de' nuovi Farisei
Avendo guerra presso a Laterano,
E non con Saracin, nè con Giudei;
Chè ciascun suo nemico era Cristiano,
E nessuno era stato a vincer Acri,
Nè mercatante in terra di Soldano;
Nè sommo uficio, nè ordini sacriGuardò in se, nè in me quel capestro
Che solea far i suoi cinti più macri.
Ma come Costantin chiese Silvestro
Dentro Siratti a guarir della lebbre;
Così mi chiese questi per maestroA guarir della sua superba febbre:
Domandommi consiglio, ed io tacetti,
Perchè le sue parole parver ebbre.
E poi mi disse: Tuo cor non sospettiFinor t'assolvo, e tu m'insegna fare
Sì come Penestrino in terra getti.
Lo ciel poss'io serrare e disserrare,
Come tu sai: però son due le chiavi,
Che 'l mio antecessor non ebbe care.
Allor mi pinser gli argomenti graviLà 've 'l tacer mi fu avviso il peggio,
E dissi: Padre, da che tu mi laviDi quel peccato, ove me cader deggio,
Lunga promessa con l'attender cortoTi farà trionfar nell'alto seggio.
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