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      Prendendo il cibo di qualunque ostello.
      Or voglion quinci e quindi chi rincalziLi moderni pastori, e chi li meni,
      Tanto son gravi, e chi dirietro gli alzi.
      Cuopron de' manti lor gli palafreni,
      Sì che duo bestie van sott'una pelle:
      O pazienza, che tanto sostieni!»
     
      E queste epigrammatiche parole piacquero tanto ai celesti comprensori, che in forma di fiammelle, che scendono ed aggirandosi si facevano più gaje, si vennero a fermare intorno al santo non solo, ma
     
      v. 140 «E fèro un grido di sì alto suonoChe non potrebbe qui assomigliarsi».
     
      Al canto XXII viene in iscena san Benedetto, e deplora:
     
      v. 74. «.... la regola miaRimasa è giù per danno delle carte.
      Le mura che solean esser badia,
      Fatte sono spelonche, e le cocolleSacca son piene di farina ria.
      Ma grave usura tanto non si tolleContra il piacer di Dio, quanto quel frutto
      Che fa il cuor de' monaci sì folle.
      Chè, quantunque la Chiesa guarda, tuttoE della gente che per Dio dimanda
      Non di parente, nè d'altro più brutto.
      La carne de' mortali è tanto blanda;
      Che giù non basta buon cominciamentoDal nascer della quercia al far la ghianda.
      Pier cominciò senz'oro e senza argento,
      Ed io con orazione e con digiuno,
      E Francesco umilmente il suo convento.
      E se guardi al principio di ciascuno,
      Poscia riguardi là dov'è trascorso,
      Tu vederai del bianco fatto bruno.
      Veramente Giordan volto retrorsoPiù fu, e il mar fuggir, quando Dio volse,
      Mirabile a veder, che qui il soccorso».
     
      Quindi se là san Pier Damiano si lamenta che il cappello cardinalizio venga tramutato in soggetti sempre peggiori, e che, quando san Pietro e san Paolo vennero a Roma magri e scalzi mendicando, ora si veggono quelli che tengono il loro luogo aver bisogno di chi li sostenga ai fianchi e di chi li rialzi, tanto sono divenuti gravi questi ignoranti; quivi san Benedetto alla sua volta compiange che la sua regola si conosca solo dalle carte, perchè in fatto non osservata; che le badìe sieno ricetto di ribaldi, e le cocolle di gente da rifiuto; che non v'ha usura al mondo che spiaccia tanto a Dio quanto quelle rendite che godono i monaci e che ne impervertiscono il cuore; che le rendite della Chiesa sono dei poveri, nè già dei parenti dei beneficiati, o d'altri ch'è vergogna il nominare; che tante sante istituzioni e la Chiesa stessa, che sono sì bene cominciate, ora si trovano quasi tutte guaste; ma che Dio recherà soccorso alla sua sposa, alla sua Chiesa, in un modo molto meno miracoloso che non fu quello onde fece il mare fuggire ed il Giordano andare ritroso.


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La religione e la politica di Dante Alighieri
di Paolo Ferroni
Utet Torino
1861 pagine 85

   





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