L'onore che adesso Dante intende d'acquistare, (lo ripeto perchč desidero che sia ben compreso) non č quello che va unito ad una carica eminente, ad un'azione degna secondo la capisce il mondo, bensė quello che si guadagna operando cose conformate coll'eterna giustizia, giovevoli all'anima, quali erano i primi suoi studii che gli fecero comporre le canzoni in lode di Beatrice.
(9) Difatti supponendo che il colle fosse simbolo della virtų e Dante ne ricercasse l'altezza per farne acquisto, che cosa sarebbero la lonza, il leone, la lupa? Forse, come abbiamo ritenuto noi, Firenze, Carlo di Valois, Roma? Ma essi e nessun uomo non sarebbero mai stati da tanto da impedire a Dante il raggiugnimento della virtų, quando l'avesse voluta. Forse le passioni di lui e le sue male abitudini? Ma allora il Poeta sarebbe stato non allontanato dalle fiere a forza di paura, ma invece tirato a sč e intrattenuto a forza di lusinghe; nč alcuna mente umana arriverā mai a concepire come un uomo tralasci di andare in cerca della virtų pel gran terrore che gl'ispirano i vizii o le passioni, o le male abitudini; nč, come si č detto prima, le sue passioni e le sue abitudini per quanto fiere e tenaci fossero gli avrebbero giammai contrastato l'acquisto della virtų, se egli tenacemente e veramente l'avesse desiderata, come mostrava. Infine, rappresentano forse esse fiere i vizii del mondo? Spieghiamoci; questi vizii si vogliono prendere o come il mal esempio che producono o come l'inciampo che pongono all'esercizio della virtų? Se come malo esempio, poco ne dovea temer Dante per sč, perchč conosceva tutto il loro orrore e la bruttezza; onde gli avrebbe saputo fuggire come avrebbe fatto: se poi come inciampo all'esercizio della virtų, allora Dante, che questa virtų avrebbe posseduta, (se ne era distolto) potea fare a meno di cercarla.
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