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      (12) L'arte di poetare non si poteva apprendere da Dante che presso i poeti gentili, mentre nessun poema in senso cristiano non era stato fatto dopo i latini. E se qualche cosa si era pure scritta da cristiani in versi, tutta era conformata alle idee od ai modi pagani; talchè i cristiani non avevano poeti proprii. Quindi quando si volesse simboleggiare la poesia in un poeta, come fece Dante, non si poteva togliere che un grande poeta pagano, alle cui carte, in mancanza d'altro, conveniva pure che un cristiano poeta ricorresse.
     
      (13) Dante per esprimere queste cose, che io ho detto, avrebbe cantato (Inf. C. II, v. 4-6):
     
      «M'apparecchiava a sostener la guerraSì del cammino, sì della pietate
      Che sosterrà la mente che non erra».
     
      La mente che non erra qual'è, se non quella di Dio?
      Ora se la Teologia o Morale cristiana è basata tutta sopra il Vangelo e sopra le Sacre Carte ispirate da Dio o dalla sua mente; se le colpe dei peccatori dannati e quelle delle anime che si purgano sono ordinate secondo la morale e la teologia cristiana, avrebbe per ciò Dante scritto che la pietà, che egli s'apparecchiava a sostenere, era quella che gli sarebbe stata mossa dalla vista dei castighi delle colpe che vengono ritenute dalla nostra morale.
     
      (14) Con quel verso «O mente che scrivesti ciò ch'io vidi» altro non può volere intender Dante, che provate e certe sono le cose che de' suoi contemporanei dirà nel Poema perchè tutte da lui vedute, e di cui ne ha tenuto ricordanza nella mente come se ve le avesse scritte.


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La religione e la politica di Dante Alighieri
di Paolo Ferroni
Utet Torino
1861 pagine 85

   





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