Questo veglio deve certamente aver relazione con ciò che si è detto prima e di Creta e del monte. Se è così, e se è vero che quello che il Poeta accennò prima vuol riferirsi al primiero governo del mondo; se la culla che ebbe Giove in Creta (la terra) vuol dire, come in quest'isola beata, per il buon governo dei suoi primi regnanti, abitava la virtù, questo veglio da me viene inteso il modo di governare, cioè il governo stesso, che ebbe buon cominciamento. Epperò ha il capo d'oro fino. Poscia Giove fu salito in cielo, cioè sparì dalla terra la giustizia e la sapienza, onde il governo decadde tanto che minaccia dissolversi. Il veglio rivolge le spalle a Damiata, cioè all'Egitto, perchè gli antichi dissero fonte di sapienza e di civiltà questa regione; e i loro dei e i loro civilizzatori tutti trassero dall'Egitto, dove favoleggiarono che ricoverassero i celesti minacciati. La civiltà, abbandonando a poco a poco l'Egitto, per mezzo della Grecia entrò in Roma, in cui divenne perfetta, in quanto ai principii, per mezzo del cristianesimo che vi tiene i suoi Papi. Onde il veglio, il modo di governare o il governo, dall'Egitto, che nulla più lo giova, ha rivolto gli occhi a Roma, e in lei si specchia prendendo esempio dai Pontefici, i quali, come quelli che hanno la custodia del Vangelo, sono tolti dal mondo ad esempio delle sue opere.
(17) Rispetto al tratto dell'Allegoria citata che qui riguarda mi riporto all'interpretazione portata dall'edizione della Divina Commedia di Felice Le Monnier - Firenze 1849.
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